Anche il pin’occhio vuole la sua parte – Capitolo 17 di 37
Vi era un tempo nel quale, anche se scrivevi sui muri nessuno ti diceva niente…
Era l’età della pietra…
Il nostro eroe non aveva paura di niente, camminava speranzoso verso una meta che, forse, neanche un giocatore di football americano avrebbe potuto raggiungere…
Si trovò per caso ai piedi d’un cimitero abbandonato. Il custode aveva perso tutte le dieci dita delle mani, da allora il cimitero non fu più custo-dito.
Le lapidi erano state conservate dal tempo; si poteva leggere la data e la causa del decesso: “Fu qui seppellita nota collaboratrice domestica deceduta dopo essere precipitata dal secondo (piano), mentre era intenta a spolverarne la…tastiera.”
“Si ricorda la compianta signora in arte sarta, rimasta fulminata mentre riparava una cerniera-lampo.”
Il burattino aveva una gran fretta, aveva già perso del tempo e l’alba era vicina.
Fu così che si mise a correre, ma proprio in quel momento si annuvolò e piovvero dal cielo alcune banconote. Si sa, il tempo…è denaro…
Ad un certo punto Pinocchio, stanco dalla gran corsa, decise di riposarsi ai piedi di una quercia, la quale, avendo i “piedi” scalzi emanava un forte ed intenso fetore.
Fu così che apparve da lontano, su di un tronco, un piccolo animaletto che riluceva di una pallida luce opaca. –Chi sei tu?- Gridò Pinocchio. –Ma come, non mi riconosci? Sono il tuo amico del cuore, il grillo parlante.-
GRILLO: Ma Pinocchio, come fai a credere ancora in quei due imbroglioni del gatto e la volpe. Ti hanno lasciato qui per un chilogrammo di verza!
PINOCCHIO: E già, sono proprio amici del “cavolo”.
GRILLO: Dai “retta” a me, tornatene indietro, o per lo meno dammi un “segmento”.
PINOCCHIO: No! Io voglio andare avanti, ecco!
GRILLO: Farai solo brutti incontri. Come fece mio nonno, faceva il pugile, ogni volta che “incontrava” qualcuno gli toccava di fare a botte.
PINOCCHIO: Sei solo cattivo ed invidioso, ecco. Sei come Babbo Natale; ogni volta dice che viene a trovarmi ed io l’aspetto invano sul divano col mio amico Ivano. Per tutta la notte sto sveglio. Ed invece ogni volta, lui, mi fa il “pacco”…
GRILLO: Non te la prendere, Pinocchio, lo dico solo per il tuo bene. Non vorrei che tu fossi come il mangime e ti facessi “beccare”.
PINOCCHIO: Voglio andare avanti e ci andrò, ecco!
GRILLO: La strada è pericolosa, ti occorrerebbe una bicicletta senza rotelle; oramai sei belle che cresciuto.
PINOCCHIO: No e poi no! La bicicletta è sicuramente impazzita, dato che le mancano le “rotelle”.
GRILLO: Ascoltami Pinocchio, la nottata è scura e tormentosa.
PINOCCHIO: Uffah! Io sono come il fiammifero, mi si frega una volta sola e quando mi si frega vado in escandescenza. Adesso lasciami in pace grillaccio del malaugurio. Tu hai troppi “umani” per la testa, ecco.
Ma tu guarda, pensò Pinocchio, secondo il grillo parlante dovrei incontrare gli assassini.
-Senti che musica che proviene da quella casa-, esclamò il burattino. Caso strano a suonare il pianoforte era un raro esemplare di cane da caccia. Beh! Che vi devo dire gli veniva così bene il…mordente…
Camminando nel bosco Pinocchio incontrò un pappagallo. Il pennuto si divertiva ad urlare a squarciagola: -CRAI! CRAI! CRAI!-; aveva appeso nel petto uno strano cartello con su scritto “Alla CRAI soddisfatti o rimborsati”.
-E tu chi sei?- Domandò Pinocchio. –Ma come, non si vede? Sono un povero pennuto cacciato da scuola…Ero sempre “ripetente”.- Rispose il pappagallo.
–Ma dimmi un po’…- Chiese ancora Pinocchio. –E’ vero che ci sono in giro gli assassini?-
-Purtroppo si.- Disse il pennuto –Loro si chiamano assassini perché hanno sempre un “asso” nella manica. Devi sapere che io vivevo con una certa signora Pina. Gli assassini le hanno fatto visita e la hanno ra-pinata! Che disgrazia.-
-Quindi tu provieni da una famiglia benestante?- Chiese allibito il burattino.
–Beh, forse… Ora dopo il furto la famiglia è benespoche… Sapessi che vita, le donne stavano sempre a lamentarsi con gli uomini nel salotto. Dicevano sempre: -“Da quando hanno inventato i carri armati non esiste più la “cavalleria”! –
-In gioventù- continuò il fiero pappagallo –ho preso parte al famoso Impero romano, dal quale ebbe origine il mio nome d’arte. Poiché le guerre contro i Galli si fecero sempre più irruente, fui addestrato, dopo mesi di digiuno, a combattere in battaglia. Non ti dico che strage! Cominciai a divorarli uno per uno dalla gran fame e morale della favola, fui decorato e riconosciuto come migliore esemplare tra i pappa-galli.
-Comunque sappi che io non ho paura di niente!- Esclamò Pinocchio.
–Voi burattini siete tutti matti, per questo vi chiamate anche pu-pazzi.- Rimproverò il pappagallo scoppiando in una risata, (dopo lo scoppio del pennuto non rimasero che le piume).
In quel mentre il burattino sentì come un galoppo che minacciava la sua esistenza. Erano gli assassini che si avvicinavano a gambe elevate; essendo in due, le gambe erano elevate alla seconda. Pinocchio cominciò a correre e correva così forte che le monete gli scivolavano in terra. Il gatto e la volpe le videro e le raccolsero al volo, fu così che mentre Pinocchio se la dava a gambe, i suoi assassini si arricchivano alle sue “spalle”…
Infine, ormai stremato dalle forze, il nostro burattino si sentì agguantare per le braccia.
–O la borsa o la vita!- dissero gli assassini con voce orribile.
–Ma se vi do la “vita”, mi tocca camminare con la testa sul bacino!- rispose l’impaurito burattino.
-Se fai ancora lo spiritoso chiamiamo il polipo e ti facciamo sculacciare!- dissero il gatto e la volpe.
VOLPE: Sei stato colto con le mani nel sacco!
PINOCCHIO: Va beh, che sfortuna…Ma adesso posso toglierle le mani dal sacco?
GATTO: Piantala ammasso di segatura! Fuori le altre monete! Non dire bugie e fai come fanno gli specchi, prima di parlare “riflettono” sempre.
PINOCCHIO: Vi prego signori assassini non fatemi del male! Ho seri problemi di circolazione, ecco!
VOLPE: Hai solo da farti vedere da un vigile urbano. Coraggio Pinocchio, hai mai sentito parlare di buone azioni? “Francesco Totti” è uno tra i migliori nel fare “buone azioni”…
PINOCCHIO: No! No e poi ancora no! Non vi darò una lira ne tanto meno un violino, ecco! Ed ora brutti ladroni lasciatemi in pace; siete come quelli che rubano dipinti ai musei, poi se ne vanno e lasciano tutto a “soqquadro”.
Fu allora che l’assassino più piccolo di statura, cercò di afferrare il burattino. Ma Pinocchio cominciò a fuggire per la campagna.
Ogni volta che il nostro eroe frenava per il gran correre, partiva in sottofondo una musica soave, aveva i freni a “disco”. I briganti nel frattempo trovarono una lambretta e cominciarono l’inseguimento. (Non vi dico quanto correva il “mento”).
-Voi non siete autorizzati ad inseguirmi!- Urlò il burattino.
–Infatti siamo moto-rizzati- Risposero gli assassini…-Torna subito qui e dacci le monete d’oro!- Gridarono minacciosi il gatto e La volpe.
–Si, proprio.- Rispose Pinocchio. -Vengo con la verdura, nel senso che col “cavolo” che ci vengo. E ricordatevi che mio zio è bravo nel tiro con l’arco.-
-Si, ma questo cosa…c’entra?- Chiese un assassino.
–Il “bersaglio”, no?! E cosa volete che “centri”- Rispose Pinocchio.
Dopo una corsa di quaranta chilometri, Pinocchio non ne poteva più. Vistosi raggiunto dagli assassini, si arrampicò su per il fusto di un pino.
-Mi scusi signor pino, posso stare qui da lei?- Esclamò Pinocchio. –Quelli mi vogliono derubare!-
-Ma certo che puoi restare, figliolo, l’importante che non mi dai zucchero, purtroppo ho il di-abete alto. Pensa Pinocchio, ho un cugino che vive in Giappone. Soffre di mal di stomaco e gli tocca di mangiare in “giallo”…-
Gli assassini tentarono invano di arrampicarsi, mentre il burattino continuava a dialogare con il pino.
-Sai?- Disse il pino, -La natura è così generosa con mia moglie…Ogni anno le regala un “anello” nuovo. L’unica disgrazia è che, quando andiamo al mare, lei si vergogna di mettersi in costume. Dice che le si vede tutta la “cellulosa”.
Nel frattempo gli assassini non si davano per vinti, infatti stavano ancora pareggiando, così decisero di appiccare il fuoco.