Il povero Pinocchio non aveva neppure una bicicletta.
Era andata in ospedale per farsi…i raggi.
Sul tetto della prigione, alcune parti del camino sparlavano tra di loro, le classiche pet-tegole. Un compagno di cella disse in confidenza a Pinocchio:
-Quando ero fuori di prigione, tutti mi facevano più vecchio di quel che sono.
Chi mi dava sessantacinque anni, chi me ne dava settanta…Per fortuna che il giudice al processo ha avuto più rispetto. Mi ha dato “vent’anni”…-
–Mamma mia!- pensò Pinocchio –Qui è come andarsi a togliere il sangue;
dai la mano e si prendono “il braccio”. Poi non riesco proprio a capire come facesse l’aviazione Giapponese, durante la seconda guerra mondiale, a contare gli “zero”.-
A Pinocchio mancava tanto il suo babbo. Rimembrava ancora quando Geppetto tirava il “collo” alle galline e…ahimè…Ne rimaneva senza lui.
Gli mancavano i biscotti che cantavano all’alba nella dispensa: le “gallette”.
E poi gli mancava il minestrone. Era l’unico piatto che andava sempre di moda;
il “presente” era nel “passato”…
L’unica cosa buffa era che il suo babbo, prima di andare nell’orto, si metteva gli occhiali. Altrimenti non avrebbe visto “un cavolo”.
Di li a poco, il carceriere vide il povero burattino assai depresso, talché cominciò a tempestarlo di domande. Il burattino si arrabbiò ed esclamò furibondo:
-Lei mi sembra un pazzo ortolano! Fa solo domande del cavolo!-
A questa battuta il carceriere si commosse e gli aprì le porte della prigione lasciandolo scappare.
Pinocchio uscì subito fuori della città e riprese la strada che doveva ricondurlo alla casina della Fata. Da lontano si intravedeva un marinaio intento a raccontare notizie sulle vele delle navi. Stava, appunto, “spiegando” le vele.
Quando il burattino ebbe fame, andò dal verduriere del paese.
Per raggiungere il negozio camminò sul ciglio della strada per evitare di schiacciargli…l’occhio. Ma purtroppo il venditore stava chiudendo e non aveva “un cavolo”.
Sulla cima di una montagna si intravedeva un pianoforte; il famoso “altopiano”.
Fu così che per mangiare Pinocchio decise di andare a pescare.
Erano passate due ore ed ancora nulla aveva abboccato. Poi passò di li il guardapesca ed esclamò:
-Ehi tu! Non lo sai che qui è vietato fumare?-
-Ma io non sto mica fumando…- Rispose il burattino.
–Ah si eh? Ed allora di chi sono quelle “canne”!-
Alla fine il povero Pinocchio era così magro, che quando tirava vento interveniva l’unità cinofila per andare a cercarlo.
Vi erano molte auto appese a dei pali della luce dove, al di sotto di esse, poggiava una pedana. Quel giorno il traffico era “sostenuto”…
Tutta a d’un tratto il burattino fu scosso da una visione a dir poco incredibile.
Due grossi templi con tanto di colonne e capitelli, stavano sfrecciando giù per la collina.
-Aveva proprio ragione il mio babbo- pensò Pinocchio,-Oggi come oggi bisogna proprio fare attenzione con i “templi” che corrono!-
Nel tempo che diceva così, si fermò tutto ad un tratto spaventato. Aveva veduto un grosso merlo con tanto di proboscide…Un merlofante.
Allora Pinocchio si avvicinò a pochi passi di distanza e preso coraggio disse al merlofante:
PINOCCHIO: Scusi, signor merlofante, che mi farebbe il piacere di lasciarmi passare?
MERLOFANTE: Da qui non si passa, “passano” solo i pomidori! Io sono l’orco cattivo e ho molta fame.
PINOCCHIO: Bah, da come puzzi mi sembri più un p’orco cattivo, ecco.
MERLOFANTE: Come ti permetti e ti pertogli di parlarmi a codesto modo, o lugubre essere di legno imparruccato? Non lo sai che devo nutrire i miei vermi solitari?
Ho la flora intestinale così piena di vermi che più che una flora è una fauna intestinale.
PINOCCHIO: Ma perché non mi lasci in pace, devo andare dal mio babbo. Vai a farti un giro in Liguria; ci sono i carri di carnevale ed i pupazzi sono di carta-pesto…
MERLOFANTE: No! In Liguria non ci vado! Ho sentito che piove burro ed il mare è in “burrasca”. E poi non lo sai che il mare è sporco? Ogni estate i bagnanti vanno a bagnarsi l’inguine e con tutti quegli inguini il mare è ormai “inguinato”…
PINOCCHIO: E allora vai a dipingere le strisce pedonali, così diventerai un famoso “artista di strada”, ecco.
A questo punto il merlofante si impietosì del burattino ed attratto dalla sua simpatia cominciò a ridere a crepapelle. Il merlofante fu preso da una tal convulsione di risa, che non potendone più, si mise una cuffia in testa ed emise un rutto tremendo. Il povero burattino fu scaraventato lontano in un batter di ciglio.
Pinocchio era finalmente passato, si, ma per il “rutto” della cuffia…
Allora Pinocchio ricominciò a correre per arrivare a casa della Fata prima che si facesse buio. Passò davanti ad un ricevimento di bovini, una ricevi-toria.
I poveri bovini erano preda di inutili violenze da parte dei topi; questi topi rosicchiavano le corna ai poveri tori, per l’appunto erano rodi-tori! Per fare luce sulla situazione erano intervenuti i famosi investiga-tori. Sul muro di cinta si scorgeva un antico dipinto di gallina in classico stile…rococò.
Ma lungo la strada non potendo più reggere ai morsi della fame, il burattino saltò in un frutteto con l’intenzione di cogliere qualcosa…
Nell’orto vicino al frutteto giravano delle strane voci. Fino a qualche anno fa non si poteva coltivare la verza. Poi cambiarono idea, anche perché era solo una legge del…cavolo.
Nel frutteto vi erano gli orsetti cardiologi, i famosi “orsetti del cuore”.
I fiori erano andati a fare un giro sugli autoscontri, così potevano “sbocciare” in santa pace. Da lontano si scorgeva un vulcano spento, per motivi di salute aveva dovuto smettere di “fumare”. Vicino al vulcano vi era una montagna piena di regali, il famoso “montepremi”.
C’era anche un serpente molto triste, si lamentava perché tutti gli mettevano i piedi in testa… E che dire di una povera cavalletta indifesa. Si lamentava anch’essa perché anche suo marito le metteva i piedi in testa. Si, peccato che il marito era un “millepiedi”.
E poi vi erano alcune rane reduci dalle guerre: le vete-rane. Ma ahimè nel prato non vi era l’erba. Si sperava che il citofono del guardiano almeno funzionasse;
campa-nello che l’erba cresce…
Appena Pinocchio giunse in prossimità di una vite, crac… sentì stringersi le gambe da due ferri taglienti. Il povero burattino era rimasto preso da un aggeggio che proprio oggi aveva deciso di marinare la scuola: una “tagliola”!
Il burattino cominciò a piangere e ad urlare per il tremendo dolore. Pianse così tante lacrime, che il giardino divenne ben presto una risaia. Come potete figurarvelo, era un controsenso piangere in una “risaia”. Ma li all’intorno non si vedevano case e dalla strada non passava anima viva.
Alcune pesche sugli alberi giocavano alle regine, ma siccome erano ancora giovincelle, erano solo delle “principesche”… La frutta dell’orto era così fresca, che il furgone che la caricava per portarla al mercato era senza “marce”.
Ed il povero Pinocchio, preda di quella tagliola, poteva intravedere da lontano un fotografo in bermuda, il quale, nonostante facesse molti “scatti”, rimaneva sempre fermo. Ad un tratto sbucò fuori dal bosco uno strano animale, un orsordo.
–Ehi tu?- Gridò Pinocchio, -Ehi mi senti?- Ma purtroppo l’orsordo non lo poteva sentire…
Alla fine fece la sua comparsa un “alcestruzzo”. Questo strano animale era assai pesante; aveva grosse e lunghe corna, le quali gli impedivano di ficcare la testolina nei buchi del terreno. Come lavoro distribuiva i volanti alle case automobilistiche, faceva “volantinaggio” . Ma non era cattivo, era anzi abbastanza socievole:
ALCESTRUZZO: E tu come ci sei finito in quella trappola per pachidermi ricoperti di aranciata, gli elefanta?
PINOCCHIO: La prego, signor non so cosa sia, mi liberi da questa infernale tagliola!
ALCESTRUZZO: E perché mai dovrei liberarti? Devi andare in ferramenta? Hanno finito i “dadi” e gli è rimasto solo il brodo granulare.
PINOCCHIO: Ma cosa sta dicendo? Non lo vede che sto soffrendo come un cane?
ALCESTRUZZO: Mi sembri un pavone che zoppica perché gli si è bucata una “ruota”. Ah, ah, ah!
A questo punto (e virgola volendo) il dialogo fu interrotto da rumore di passi.
Era il padrone del campo che veniva a vedere se qualcuno di quegli elefanta fosse rimasto intrappolato nella tagliola.
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