I precursori dell’arte moderna: Cezanne, Gaugin, Van Gogh
Questi tre artisti senza subbio nascono anche grazie agli impressionisti. In un certo senso definiscono i tre grandi filoni dell'arte moderna, e di per se del pensiero moderno: la linea della razionalità, quella dell'introspezione esistenziale, e poi la terza linea, quella che è contraddistinta dal relativismo, e dai differenti livelli di identità della persona.
Ovviamente questo è un fatto che nasce attraverso una serie di fattori, tra i quali l'evoluzione del pensiero scientifico. La concezione dello spazio e del tempo, grazie ad Einstein, non è più assoluta, ma è invece differente a seconda delle condizioni fisiche, di gravità, in cui ci si trova. E tutto questo ha modificato pesantemente il pensiero umano.
In più, con Freud si comprende che la nostra identità non è fatta solo del nostro mondo interiore e del mondo esteriore, ma c'è un terzo mondo molto più impalpabile, che coniuga e condiziona gli altri due aspetti della nostra identità. È il mondo dell'inconscio, che ci condiziona, che influenza il nostro modo di esserci, di pensare, di porci, etc.
Il sogno, la dimensione dell'essere diventa di pari importanza della dimensione razionale e interiore.
Questi tre filoni si costruiscono nel tempo attraverso tre linee fondamentali: la linea della forma, qualcosa di effettivamente definito. Poi la linea dell'espressività, che è quella che esprime il modo di essere, le pulsioni emotive ed esistenziali. Infine la linea dell'onirico, del sogno, del ricordo.
Paul Cezanne è l'iniziatore della prima linea, che cerca di ricondurre tutto il mondo figurativo a un punto di vista fortemente formale, e arriverà al punto di vista dei cubisti.
Lo stesso futurismo partirà da questa linea.
Van Gogh è il pittore degli stati emotivi per eccellenza, deforma la forma ed esalta il colore, vi è l'estrema coniugazione tra l'artista e l'arte che produce, arriva a una tale immedesimazione nell'arte, da dipingere invece di se stesso come autoritratto, la sua stanza da letto, il suo mondo.
Infine c'è Gaugin, che va via dall'Europa, che rincorre il suo sogno di una vita torna solo agli aspetti fondamentali dello stare al mondo. Libera dalla pesantezze della vita moderna. Esprime quindi un arte immaginifica, un mondo dei sogni, surreale.
Paul Cezanne e l'astrazione della forma
Cezanne è il primo delle tre grandi personalità che rappresenta l'anello di congiunzione tra l'arte moderna dell'800 alle avanguardie del 900.
Nasce nel sud della Francia, in Provenza. Tali zone hanno infatti una cultura molto più latina e razionale rispetto al centro della Francia. Il padre è un banchiere, e la sua famiglia è molto agiata.
Cezanne però è restio a continuare gli studi economici. Viaggerà spesso a Parigi, fino a decidere di abbandonare gli studi tradizionali ed interessarsi agli studi artistici.
Cezanne è interessato ad estrarre dalla realtà il suo carattere essenziale, vuole arrivare all'identità primaria degli oggetti. Bisogna capire perché Cezanne arriva a semplificare la realtà limitandola alla forma geometrica.
Lui insegnava a Parigi, e per tenere vivo un contatto con gli studenti gli scrive delle lettere, quando tornava in Provenza. A un certo punto, a una signora scrive una frase rivelatrice: "si ricordi che se lei saprà disegnare la sfera, il cono e il cilindro e saprà mettere queste tre forme in prospettiva, lei saprà disegnare qualsiasi cosa."
Questo però la forma e il colore sono la prima cosa che si coglie, ed è per questo che Cezanne vuole indagare sulla forma, semplificandola il più possibile.
Lui è interessato non alla fugacità, ma dall'aspetto oggettivo della realtà. Lui al contrario degli impressionisti dice che il colore è ciò che rafforza o indebolisce la forma. Ad esempio un oggetto con un colore in forte contrasto con un piano di un altro colore, risalterà maggiormente per la forma.
La natura morta è un genere pittorico che "nasce" o meglio, si diffonde soprattutto con l'arte moderna.
Ad esempio, un uomo primitivo che guarda una mela non sa che è un frutto, è per lui solo forma. È depurata da ogni altra cosa a parte la forma. Gli artisti, quindi, cominciano a soffermarsi non più sull'uomo, ma sulle cose, che sono apparentemente inanimate, apparentemente, perché ad esempio ci si può affezionare agli oggetti, come un particolare disco, un vecchio jeans, o altro.
Gli oggetti quindi possono suscitare emozioni. E tutto inizia con la ricerca della forma da parte di Cezanne.
Con Cezanne non ci si limita però solo agli oggetti, ad esempio rappresenta i paesaggi del sud della Francia, come il golfo di Marsiglia: in primo piano le abitazioni, poi il mare e le montagne.
Il colore qui è protagonista dell'opera, il colore dell'acqua è molto compatto, non mostra increspature o riflessi della luce, c'è solo un segno della linea dell'orizzonte con un blu molto intenso.
È un colore che tende a dare materialità, corpo, alle cose. Le stesse case non sono altro che dei cubi, dei parallelepipedi, tutte strutture geometriche semplici. È tutto un processo di riduzione razionale della realtà, non si rappresenta più la città, ma una serie di forme e di colori che ci danno l'idea di una città. Le montagne sono rappresentate senza vegetazione, hanno un colore bluastro, non si capisce cosa sia, se argilla, terra o altro.
Il quadro più importante è "la casa dell'impiccato", che espone in una mostra impressionista a Parigi, ma si capisce subito che con gli impressionisti ha ben poco a che fare.
La fase matura dell'arte di Cezanne dalla forma strutturata all'astrattismo accennato.
– Le grandi bagnanti
– I giocatori di carte
– Il ciclo della montagna di st. Victoire
L'approccio all'arte figurativa di Cezanne che poi avrà degli esiti molto importanti nell'arte del '900 pone quest'artista di fronte ad una serie di sfide che sono molto importanti per comprenderne l'evoluzione.
La prima è data dalla prima opera, "Le grandi bagnati", che si pone in un momento assolutamente decisivo per l'evoluzione dell'arte di Cezanne. La forma è evoluta, ma comunque si va a cercare l'astrazione, la purezza geometrica della forma.
Infatti, la prima sfida importante è quella della natura, ovvero come rappresentarla in forma stilizzata con la purezza della forma. Ricorre ad uno dei temi più battuti della storia dell'arte, ritornando ad un accezione classica, ovvero la nudità femminile in relazione alla natura. Le grandi bagnanti è quindi un tema desunto dall'arte classica, che ha come punti di riferimento Tiziano, grande pittore rinascimentale.
Rappresenta questo primo piano di giovani donne nude, e sullo sfondo il paesaggio. Ci sono alcuni elementi che aiutano la pittura di quest'immagine. Ad esempio il ritorno alla linea nera che definisce il contorno delle forme fisiche naturali, ognuna posta in una posizione differente, che però convergono in un andamento piramidale, che poi continua nei rami degli alberi, verso un centro, un asse centrale, accennando ad una sorta di simmetria. Si tratta in totale di 14 figure femminili, 6 a sinistra e 8 a destra.
Ci sono vari accenni di movimento nelle figure, che ridisegnano gli elementi della natura. Sullo sfondo sono poste poi due figure umane, al centro, una più alta e una più bassa. Costituiscono quasi un ideale asse di simmetria, che Cezanne non pone giusto al centro della tela, ma lo sposta leggermente a sinistra, quasi a riequilibrare l'andamento non proporzionato tra il numero di ragazze che sono meno a sinistra e più a destra.
Cezanne sperimenta poi nell'immagine l'equilibrio cromatico, infatti tutto il quadro è rappresentato attorno alla ricerca dell'equilibrio formale, che è dato non solo dalla forma ma anche dalla scelta delle tonalità di colore. Ad esempio vi è una distinzione netta tra le varie gradazioni di marrone e quello delle figure nude che poi si contrappongono al colore dl cielo, che va poi ad avvolgere le case della cittadina rappresentata sullo sfondo. Tutte le tonalità di colore però sono attenuate, proprio per non rendere stridente il contrasto ma per dare una sorta di equilibrio cromatico. Si va quasi ad accennare una via che Cezanne seguirà solo parzialmente, ovvero il monocromatismo, e cioè che utilizzando solo poche tonalità cromatiche, la forma ne risulterà esaltata. Ad esempio mettendo a confronto due oggetti di colori molto simili, come blu e azzurro, e mettendoli vicini tra loro, la forma ne risulterà esaltata poiché è la forma stessa che li va a distinguere. È per questo che Cezanne porta avanti questi studi cromatici selezionando attentamente le tonalità di colore. Ed infatti utilizza un beige-rosa per i corpi delle bagnanti, mentre un azzurro molto sfumato per la vegetazione. Troverà, questa ricerca, un espressione più compiuta con Picasso.
Le grandi bagnanti quindi rappresentano quindi il momento dell'approfondimento della forma, dove lui considera sia l'elemento naturale del paesaggio che del corpo umano.
Una seconda tela molto importante è quella dei due giocatori di carte, una composizione ancor più strutturata dal punto di vista geometrico e della forma. Il tema è quello del sottile equilibrio psichico-psicologico degli stati d'animo che sempre si instaura tra due giocatori di carte, di scacchi, etc.
Si instaura quindi una contrapposizione tra due menti che si confrontano, dove devono operare delle scelte con freddezza.
L'immagine di per sé è piuttosto scarna, semplice e volutamente elementare. Si gioca su pochi elementi: un tavolo, rappresentato in prospettiva, una bottiglia posta al centro che segna una sorta di asse di simmetria, il bagliore del vetro bianco che segna il perfetto asse di simmetria dell'opera.
La strutturazione formale dei due personaggi è quindi fortemente geometrica e stilizzata. Ad esempio la forma a cilindro del cappello del giocatore a sinistra. Anche la rappresentazione del braccio dei due giocatori ha una strutturazione geometrica, formale, come due cilindri che si congiungono in un determinato punto. Anche la pipa o la bottiglia sono strutturati in questo modo.
La posizione dei due personaggi è diversa, ad esempio quello a destra mostra la tensione di chi deve fare la prossima mossa, mentre il giocatore di sinistra esprime l'attesa, che di per sé risulta essere quasi svernante per l'avversario, aspettando con calma lucidità la mossa successiva dell'avversario.
Cezanne alla maniera dei classici dell'800 recupera quindi l'asse di simmetria. Gioca su quasi un incrocio diagonale dei colori, ad esempio la tonalità della giacca del giocatori a sinistra, corrisponde alla tonalità del giocatore a destra, e viceversa i pantaloni del giocatore a sinistra, corrisponde alla tonalità del giocatore a destra. Ne le grandi bagnanti vi era l'associazione di due grandi tonalità (azzurro e beige), qui invece si gioca sulla stessa gamma cromatica, ovvero quella dei beige, dei marroni, dei giallini.
Si trova quindi equilibrio formale, compositivo e cromatico.
Porta avanti questa sua ricerca con estrema coerenza, fino alla montagna di st. Victoire, che negli anni verrà rappresentata in modo diverso. All'inizio vi è una visione molto prospettica dell'opera; in un secondo momento invece il paesaggio risulta essere molto più schiacciato, l'immagine è molto meno delineata, con nessuna rappresentazione di tipo quasi fotografico, ma vi è una strutturazione della forma attraverso due tonalità di colore differenti; si raggiunge poi l'ultima fase della montagna di st. Victoire, dove invece si indulge di nuovo al monocromatismo.
La prima fase è quindi tutta caratterizzata dalla costruzione dello spazio in modo molto realistico. Sceglie in maniera opportuna gli elementi che definiscono i diversi piani che vanno a delineare lo spazio che si va a costruire in profondità. In primo piano gli alberi, poi il viadotto, posto a metà strada sullo sfondo, e alla fine sullo sfondo in terzo piano la montagna di st. Victoire, che è ben staccata dal cielo. Già qui è presente il tentativo di ridurre lo spettro cromatico, con le tonalità dei verdi della terra, e quello più sul celeste del cielo.
La seconda fase del ciclo della montagna, è caratterizzata da un principio di astrattismo, un astrattismo fortemente geometrico, con una campitura di colori verdi che indistintamente rappresentano la natura ed il paesaggio come una sequenza di rettangoli che apparentemente a caso si pongono sul terreno, il quale è delineato da un colore giallo. Ciò che invece cambia fortemente, dal punto di vista cromatico, è il fatto che la montagna non si stacca completamente dal cielo, ma c'è una sorta di assimilazione cromatica, ed è distinta solo dal contorno marcato dalla linea nera.
L'ultima fase del ciclo della montagna, definisce un'unica tela che è completamente caratterizzata da un unico spettro cromatico, quello dei blu e degli azzurri, che vanno dal quasi grigio per arrivare al celeste. Qui c'è un atmosfera quasi sospesa che evoca quasi un atteggiamento di silenzioso distacco da tutto ciò che è terreno, che è mondano. Qui si nota quasi la malinconia con cui visse Cezanne negli ultimi anni della sua vita.
Paul Gauguin e l'arte della realtà dei sogni
Gauguin è il prototipo dell'artista moderno, che introduce alcune innovazioni assolutamente determinanti per comprendere l'evoluzione dell'arte nel '900. Il primo elemento è appunto il carattere autobiografico.
L'arte di Gauguin è infatti un arte autobiografica, racconta se stesso attraverso le sue opere. Racconta la sua identità reale, che non è quella che si presenta nell'apparenza del reale, ma è la realtà dei sogni, di quei sogni talmente forti da diventare quasi reali. Infatti quando si sogna qualcosa di assurdo, nel sogno siamo talmente coinvolti che sembra tutto reale. È una sorta di realtà parallela, su cui noi proiettiamo noi stessi.
Gauguin impegna tutta la sua esistenza a seguire se stesso, a rincorrere i suoi sogni, che rende reali. Per raccontare questi sogni, utilizza l'arte.
Il secondo aspetto fondamentale di Gauguin, è il fatto che prima di lui la rappresentazione era sempre del reale. Anche Monet, ad esempio, comunque si riferisce alla natura. Invece Gauguin non vuole rappresentare la natura, ma i sogni, il mondo dell'onirico, quel mondo che in apparenza non si rivela.
Con gli elementi che servono a rappresentare la realtà oggettiva, rappresenta invece un mondo fantastico. Con Gauguin l'opera d'arte diventa autonoma dal resto, rappresenta un mondo che si comprende con un suo linguaggio autonomo. Rappresenta ad esempio il mare con un colore viola, il paesaggio con un colore rosso. E tutto ciò è reale, poiché lui non vuole rappresentare la natura del mondo visibile, ma la natura dei sogni, di quella dimensione parallela dove tutto è possibile, tutto è reale, ma non è visibile, ed è l'opera d'arte che invece consente a Gauguin di rappresentarlo.
C'è da ricordare che da giovane Gauguin fece un viaggio in sud america, con una cultura completamente diversa da quella occidentale. Ed è per questo che quando poi ritornerà in Europa invece si trova a dover aver a che fare con una realtà piatta, stereotipata. Ed infatti poi andrà a ricercare nell'orinico tutto ciò che nella realtà non poteva dargli.
A 17 anni inoltre farà la scelta di fare il marinaio per 6 anni, e dirà che quando si è in mare c'è tempo per fare due cose, ovvero lavorare, e sognare. Proprio perché, una volta finito di lavorare, grazie alla lontananza dalla vita normale, e la presenza dell'immensità della vista del mare, che fa immaginare cose che altrimenti non sarebbero possibili. Tutto ciò quindi non farà altro che ampliare l mondo fantastico di Gauguin. Dopo aver fatto ritorno in Europa, decide di darsi ad una vita "normale", studia, e fa l'agente di cambio in banca. Ha però bisogno di un mondo fantastico, e questo mondo lo trova nell'arte. Di giorno lavoro, di notte dipinge.
Conosce diversi artisti, diversi impressionisti, finché non conoscerà Teo Van Gogh, il fratello di Vincent Van Gogh. Teo appena conosce Gauguin intuisce subito che davanti a se c'è un grande artista, e comincia ad organizzare le prime mostre, che però sono dei fallimenti totali. Di fronte ai suoi fallimenti artistici, però, decide di provarci fino in fondo. Si dimette da agente di cambio, e viaggia. Conosce la Polinesia, dove gli si presenta quel mondo di semplicità, di relazioni elementari, distintive, che era il mondo che desiderava.
Torna in Italia, e per poco faranno uno studio in comune lui e Vincent Van Gogh, finché non litigheranno e Gauguin si stabilirà definitivamente in Polinesia, dopo un lungo peregrinare.
Gauguin prefigura il nuovo vento del '900, dove la cultura occidentale si va ad imporre sul resto del mondo.
Caratteri distintivi dell'arte figurativa di Paul Gauguin
Gauguin riscopre in un certo senso l'arte del fanciullo, proprio perché il bambino attraverso i suoi disegni non fa altro che rappresentare il suo stato emotivo. L'obiettivo principale dell'arte di Gauguin è quindi quello di rappresentare lo stato d'animo dell'artista.
Vuole poi rappresentare l'esigenza della fuga dalla civiltà occidentale, proprio in un momento dove l'arte e la cultura occidentale diventano elementi imprescindibili per l'arte a livello planetario.
Gauguin è un misto di innovazione e tradizione dal punto di vista strettamente pittorico. Se guardiamo tutte le immagini di Gauguin si può vedere come i caratteri distintivi sono facilmente individuabili.
Innanzitutto, le immagini sono fortemente bidimensionali e schiacciate, non ha interesse alla prospettiva, poiché la rappresentazione tridimensionale per Gauguin diventa un fatto superfluo.
Il secondo carattere distintivo è il fatto che le immagini risultano essere tutte chiaramente distinte, con i contorni delle figure molto marcate, e in più queste immagini vengono riempite dal colore, che è un colore piatto, compatto, che non mostra nessun rilievo.
Si può dire, quindi, che Gauguin recupera molti degli elementi pittorici dell'arte medievale (bidimensionalità, immagini marcate, colore piatto), ma con una visione moderna. In modo particolare Gauguin è ispirato dalle grandi vetrate delle cattedrali gotiche.
L'aspetto interessante di queste immagini che ci restituiscono il mondo polinesiano, che rappresenta queste donne bellissime, con un modo di vivere molto più libero, semplice, fatto di sentimenti molto più elementari ed espressi in maniera molto più istintiva, rispetto invece a come costringe di atteggiarsi la civiltà tutta codificata del mondo occidentale; è il fatto che non ha hanno una loro caratterizzazione storica, che definisce uno stato temporale preciso, ma vuole esclusivamente ragionare sulla natura dell'uomo, e riportarla a quei caratteri di semplicità e istintività che per Gauguin costitutiscono la vera natura dell'individuo.
Molte delle opere di Gauguin hanno un particolare utilizzo dei colori primari, infatti ci si rende conto che gli stessi colori primari sono protagonisti delle sue tele. Ad esempio ne "la visione dopo il sermone", tutti i colori sono colori primari, molto marcati.
Gauguin una volta trasferitosi in Polinesia (che è una colonia francese), si sente molto un uomo del popolo, e non riesce a sopportare il potere francese. Tanto che tenta il suicidio, ma non ci riesce, e nel frattempo, fino alla fine dei suoi giorni continuerà la sua azione politica, tanto che passa gli ultimi suoi giorni in carcere.
Prima del suo suicidio, dipinge un immagine ("Da dove veniamo? Chi siamo? Dove andiamo?), che è una sorta di suo testamento spirituale. Al cui interno si riassume per certi versi l'intera arte di Gauguin.
È piena di simboli e riferimenti culturali. Si sviluppa in lunghezza, e si presenta come una sequenza di opere e decorazioni tradizionali.
Si rifà allo stile dei fregi greci, nell'angolo in alto a sinistra inserisce il nome dell'opera. L'opera è molto diretta, molto chiara.
La prima immagine è quella dell'innocenza: un fanciullo, un neonato, e delle donne che chiacchierano tra di loro. Sull'estrema destra del quadro c'è un cane che sembra quasi vegliare sul fanciullo, e le tre donne che parlano fra di loro. Al centro dell'immagine c'è una figura eretta che raccoglie da un albero dei frutti, è l'immagine centrale dell'opera, che costituisce idealmente il simbolo della compiutezza della vita, la pienezza della vita, e che quindi coglie i frutti dello stare al mondo. E però, nel momento in cui si individua la figura centrale dell'opera, che rappresenta appunto la pienezza dell'esistenza umana, immediatamente dopo ci sono gli elementi simbolici che rappresentano tutti i fattori che possono costituire turbamento dell'animo umano.
Il primo è dato simbolicamente dal paesaggio che si apre, dove quando prima la natura era schiacciata, il cielo improvvisamente si apre, e per la prima volta il cielo è azzurro, inserisce un elemento per la prima volta realistico. È un mondo che può essere esaltante per le possibilità che offre, però è anche un mondo che ci turba. Il secondo elemento introdotto da Gauguin è quello dell'idolo religioso, il simbolo della religiosità, della spiritualità, che è una riflessione profonda sul nostro modo di essere, che è un elemento che scuote le nostre coscienze.
Terzo elemento, l'adolescente che è ai piedi della donna che raccoglie i frutti della vita, la donna che si trova sullo sfondo del paesaggio che si apre, rappresentano simbolicamente le preoccupazioni per le persone che ci accompagnano nel corso della nostra esistenza, per chi dobbiamo proteggere, e per le persone che amiamo che si allontanano da noi.
Quindi, vita reale, coscienza religiosa e amore sono i tre elementi che ci portano turbamento, e che ci portano verso la vecchiaia, che nel quadro è rappresentata all'estrema sinistra del quadro, da una vecchia, che rappresenta la morte, l'incubo dell'allontanamento dalla vita.
Gauguin è artista moderno poiché porta a carattere compiuto la progressiva assimilazione tra l'opera e l'artista.
Esiste una lettera che scrive Gauguin a un suo amico a Parigi prima di realizzare quest'opera, dove dice che lui sta lavorando a una grande opera, che concepisce come un grande lavoro sulla vita, e che si tratta di una composizione di tante figure come se fosse un pregio di un tempio classico. Dice che in primo piano pone una figura, che rappresenta la giovinezza, che può essere o una giovane fanciulla, o un giovane in età adolescenziale. Alla fine, scrive un ultima parte della lettera, che è un passo rivelatore delle intenzioni dell'artista, dicendo: voglio realizzare un opera universale, che abbia un carattere aperto. Chiunque si dovrà poter identificare in quest'opera, indipendentemente dalla cultura, dalla religione, dalla razza, della persona che vedrà quest'opera.
Uno dei più grandi critici dell'arte moderna, Gillo Dorfles, dice che l'immagine di Gauguin rappresenta la pienezza della giovinezza colta nell'immagine della pubertà che coglie i frutti della pienezza della vita. Poi c'è un altro critico, un certo Teodoro Cricco, che dice che è vero che cogliere i frutti significa cogliere la pienezza della giovinezza, però nel momento in cui Gauguin nella sua visione pessimistica della vita pone in evidenza gli elementi che corrompono la serenità dell'animo umano, metaforicamente si può considerare la figura al centro come l'uomo che incontra il peccato. Quindi Gauguin può andare incontro sia a un interpretazione laica, sia ad una di carattere più religioso.
Vincent Van Gogh
Teo Van Gogh, il fratello, è l'alter ego di Van Gogh. Estremamente razionale e consapevole delle proprie scelte, ed è stato l'unico della famiglia dei Van Gogh a credere in Vincent, è stato l'unico che l'ha aiutato a farsi conoscere. Il fatto che fosse un uomo dal carattere iracondo, definito a volte come "l'artista folle", in realtà si tratta solo di luoghi comuni, Van Gogh è un uomo che ha lavorato, prima di vivere della sua arte, è un uomo che ha viaggiato, che ha avuto delle donne. Solo che ha avuto degli sbalzi d'umore molto forti, tra momenti in cui era apparentemente sereno, e altri dove era triste, aveva paura di non essere apprezzato, e altro.
Alla fine, Vincent si suiciderà, e avrà un agonia di diverse ore, durante le quali Teo sarà al suo fianco. Teo morirà poco dopo, anche perché la sua vita era praticamente in simbiosi con quella di Vincent.
L'arte di Vincent è espressività, c'è un assoluta simbiosi tra l'artista e la sua opera. Ciò che non riesce a comunicare con le parole, con i gesti, riesce a comunicarlo invece con le sue opere. Le opere di Van Gogh sono il momento in cui quest'uomo si esprime nella pienezza del suo essere, manifestando il modo con cui vorrebbe comunicare con gli altri.
Nella lettera che manda a Teo non cita mai se stesso, ma parla di lui con una metafora, come un uccellino che sta in gabbia. E osserva dalla gabbia l'alternarsi delle stagioni, le migrazioni di tali uccelli, e immagina che ogni tanto un qualche altro uccello si ferma davanti alla sua gabbia, e lo critica come un parassita, che non ha bisogno di viaggiare. E i bambini che lo accudiscono dicono invece che lui è fortunato, poiché non deve volare, non deve procacciarsi il cibo. Poiché lo accudiscono loro. Dice quindi Vincent al fratello Teo, di quanto è difficile spiegare la sua felicità. E gli altri non capiscono che si è infelici perché non ci si sente liberi. La piena felicità, per Vincent, non sta nella felicità in senso stretto, ma sta nella possibilità di essere se stessi, chi è se stesso vive pienamente la vita. E si riferisce al rapporto con la sua famiglia, dove quando non si ha l'opportunità di essere se stessi si è disprezzati anche dai propri simili.
L'opera di van Gogh la si può dividere in tre fasi considerando che l'evoluzione artistica è un continuo ripiegamento su se stesso. Se nella prima fase è interessato alla vita delle persone che frequenta, segue una seconda fase dove l'artista sembra progressivamente distaccarsi dal mondo delle relazioni umane per concentrarsi sui grandi paesaggi. Poi c'è una terza fase che si caratterizza sempre più per un ripiegamento verso il suo io, con una produzione sempre più marcata di autoritratti, con una concezione più cupa e ostile della natura, che diventa quasi presagio a posteriori della fine tragica di questo grande artista. Tutte le fasi dell'arte di Van Gogh sono legate a profondi cambiamenti esistenziali, delle suggestioni che lui coglie sempre in maniera diversa.
La scelta di diventare artista per Van Gogh non è una scelta facile, infatti tale scelta vede l'ostilità di tutta la sua famiglia, la quale viveva in condizioni economiche abbastanza modeste, che tutto sommato aveva una formazione culturale di un certo livello. Molti dei parenti di Van Gogh sono degli affermati professionisti e il padre di Van Gogh è un predicatore protestante. Vedevano quindi nei fratelli di van Gogh una possibilità di riscatto, di elevazione sociale. Il fatto che Vincent non riuscisse a trovare da giovane una via precisa per la sua formazione culturale è stato vissuto con grande disagio da parte della famiglia, infatti Vincent all'inizio proverà a svolgere dei lavori cosiddetti istituzionali, sebbene capirà di non riuscire a sostenere una vita statica, abitudinaria; e quindi tenta di proseguire la via del padre, diventando predicatore in Belgio. Lui non è solo un predicatore, è colui che prende le difese dei più deboli, colui che si schiera in favore dei diseredati, con l'indole passionale che lo contraddistingue sin dalla giovanissima età.
È proprio dal soggiorno in Belgio che comincia ad avere un rapporto epistolare con il fratello, e questo è particolarmente significativo poiché queste lettere sono tutte disseminate di disegni di Van Gogh. Disegnava gli scenari della vita nei campi, del lavoro duro, a volte insostenibile. Queste lettere rivelano al fratello Teo il fatto che Vincent è potenzialmente un artista di grande talento. Sono tutti disegni dai toni cupi, monocromatici, che colpiscono ben più dei semplici racconti.
Appena arriva la prima crisi di Vincent, ovvero il licenziamento dall'attività di predicatore, poiché considerato non sereno, poco adatto come predicatore, debole e facilmente attaccabile. Proprio nel momento in cui va in crisi il fratello Teo lo invita a non farne un dramma, e lo invoglia a diventare un artista.
Teo per dare certezze, sicurezza, a Vincent, decide di dargli ogni mese uno stipendio, che in cambio gli manda le opere che egli ritiene più belle che di volta in volta va componendo, per dargli la possibilità di venderle. Per tutta la prima fase artistica di van Gogh Teo non riuscirà a vendere neppur un quadro.
Le fonti ispiratrici sono la letteratura francese del primo 800 filtrata da una forte componente di realismo e di impegno civile che gli è propria. Il tratto grafico di van Gogh è un tratto tormentato, tutte le sue immagini evidenziano l'inquietudine dell'artista.
Il primo capolavoro artistico della prima fase, è "i mangiatori di patate". Tale opera ha una lunga gestazione, osservando tutti i disegni fatti nel suo periodo in Belgio si nota che tutti i personaggi sono già stati rappresentati in diversi disegni. Van Gogh cerca di cogliere la sofferenza degli umili, il segno della fatica, dovuto ad una vita difficile, piena di difficoltà e privazioni.
I mangiatori di patate diventano quindi la composizione definitiva. È interessante notare come la fase in cui lui è più interessato alle altre persone, è quella che si caratterizza per un tono cromatico monocorde e cupo. Man mano che l'artista ripiega su se stesso, la tavolozza dei colori diventa sempre più colorata e luminosa, fino ad arrivare ad un ultima fase violenta dal punto di vista dell'intensità del colore.
Quest'immagine ha un intento quasi teatrale, rappresenta un interno fortemente caratterizzato dalla luce. La luce è una dei protagonisti assoluti di quest'immagine. È la luce che determina gli effetti chiaroscurali all'interno della stanza. È la luce che illumina e rivela l'espressione dei volti, che illumina la tavola. I 5 personaggi (4 adulti e una fanciulla rappresentata di spalle), sono trasfigurati nei volti. I volti accentuano il carattere di assoluta devastazione esistenziale di queste persone. La signora a destra ad esempio non ha nemmeno la forza di guardare il suo interlocutore, è un immagine di profonda umiltà, povertà, che però si sostentano grazie ai frutti del loro lavoro. È il lavoro che riscatta la umile condizione sociale di queste persone.
L'immagine si sofferma su alcuni dettagli, ad esempio le mani dei personaggi, rugose, ingigantite nelle dimensioni, che rappresentano metaforicamente la durezza del lavoro manuale. La luce che illumina il tavolo e lascia della penombra tutto il resto, quasi vuole sottendere che non c'è nulla da vedere, perché in effetti il momento della dignità sta proprio nel pasto, mentre tutto il resto è espressione di una vita che nella modestia in cui si svolge non lascia spazio ad alcunché di gratificante.
Il modo con cui rappresenta i caratteri somatici, con cui caratterizza alcuni dettagli, con cui utilizza la luce per caratterizzare alcune parti del quadro e per offuscarne altre, evidenzia la capacità che ha Van Gogh di deformare per caratterizzare. Sono un approccio al mondo figurativo che tradisce senza dubbio l'inizio dell'atteggiamento che sarà proprio degli espressionisti in pittura. Trasfigurare, deformare, avendo un intento espressivo.
La seconda fase dell'arte di van Gogh, invece, è caratterizzata da un evento importante, che è quello dell'abbandono definitivo dell'attività professionale di predicatore, e la decisione di darsi definitivamente alla carriera artistica. Nel frattempo il fratello Teo è andato via dall'Olanda e dal Belgio, e si trasferisce a Parigi, dove si sposerà, e lì svilupperà l'attività di mercante d'arte. Peraltro, Teo van Gogh riuscirà a promuovere un artista come Gauguin; è un uomo che ha un grande intuito, una grande capacità di individuare talenti, e di guardare con un animo innovatore nei confronti di tutto ciò che appartiene al mondo dell'arte figurativa. Quando va a vivere a Parigi, propone a Vincent di trasferirsi anche lui lì, e incontrerà un mondo figurativo completamente diverso da quello che aveva conosciuto, ovvero quello degli impressionisti, è molto colpito anche dai puntinisti, dalle teorie sul colore. Inoltre, si appassionerà alle stampe, ne avrà decine e decine, collezionandole; ed in particolare apprezzerà le stampe giapponesi. Tutto ciò lo porta ad utilizzare uno spettro cromatico molto più ampio, molto più chiaro e vivace. Ne è un primo esempio l'immagine che rappresenta un ritratto, il "ritratto di Tanguy", che altro non era che il tipo che gli vendeva i colori e i pennelli. È interessante poiché evidenzia l'evoluzione che van Gogh sta cominciando a subire in quegli anni. Ciò che interessa in questi anni a van Gogh non è tanto l'espressività del volto, ma ciò che interessa invece a van Gogh è la relazione fra lo sfondo, caratterizzato dalla riproduzione di immagini di stampe giapponesi, e il primo piano del soggetto che viene raffigurato, attraverso una tecnica innovativa di cui van Gogh si sta cominciando ad impadronire, che è quella di pennellate a tratti, piccole linee che vengono poste ad inclinazioni differenti. Van Gogh è molto interessato ai contrasti di colore, lavorando sia sui colori complementari e primari, che sul segno pittorico, ovvero queste linee poste a inclinazioni diverse.
Gli anni migliori dal punto di vista esistenziale sono proprio quelli in cui vivrà a Parigi, anche se comunque mal riesce a sostenere la vita faticosa a nevrotica della metropoli. Deciderà quindi di trasferirsi ad Arl, nel sud della Francia. È uno dei periodi più fervidi della vita di van Gogh. Anche se qui comincerà anche a mostrare i segni dello squilibrio mentale. Qui ha un sogno, quello di costruire un grande studio di pittura, capace di concentrare i più grandi talenti d'Europa, con temi senza tempo, universali, restituiti sulla tela attraverso le tecniche più moderne e attuali, che tenessero conto delle teorie rivoluzionarie sui colori della fine dell'800.
Per fare ciò non solo contatta molti artisti, ma si rivolge anche al fratello Teo, che ha fra gli artisti della sua squadra un altro grande protagonista di quegli anni, che è Gauguin, di cui Van Gogh ha una grande stima; il quale riesce a convincersi proprio perché spinto da Teo. Si trasferirà ad Arl, sebbene il sodalizio artistico durerà solo un paio di mesi. Infatti non vi è grande comunanza artistica tra i due, dove Vincent è più attratto dal mondo reale, mentre Gauguin dal mondo allegorico, fatto di simboli.
Quindi, la convivenza tra i due sarà piuttosto burrascosa, sebbene in quei mesi produrranno entrambi alcuni capolavori. Alla fine romperà tale sodalizio, finché arriverà al punto di tagliarsi un suo orecchio proprio a causa del suo fallimento nelle relazioni sociali.
Vincent sembra ormai aver abbandonato ogni tensione all'impegno sociale per avere esclusivamente un campo di interesse che è quello puramente artistico e pittorico, vissuto sempre con un ansia espressiva.
"La stanza di Arl" rappresenta per certi versi una sorta di autoritratto di Van Gogh, deformando la giusta proporzione fra le cose segna il suo mondo interiore, segna tutto l'universo che in quel momento gli appartiene. Siamo nel pieno di un percorso che prevede il ritirarsi verso se stesso. La stanza di Arl diventa un immagine emblematica, con il letto ingigantito, la finestra che non lascia intravedere il paesaggio. È una sorta di chiusura verso se stesso. Dal punto di vista esclusivamente cromatico si nota come tutto il quadro sia incentrato sulla composizione dei colori primari, a cui vengono associati altri colori secondari. Tutto è caratterizzato all'insegna dell'estrema semplicità, pochi elementi scarni ma ben definiti, colori puri e diretti, molto accesi.
Questo periodo è caratterizzato, inoltre, per l'interesse marcato nei confronti del paesaggio, come unico riferimento certo nella sfera esistenziale. È quasi il contraltare estroverso dell'interiorità della sua camera da letto. Le figure umane, in questi quadri di Van Gogh, quasi scompaiono. A volte si tratta solo di punti indefiniti all'interno di questi paesaggi. È tutto ciò che rappresenta il mondo che è capace di destare interesse per van Gogh, le relazioni umane cominciano a diventare secondarie, marginali.
Per Van Gogh ciò che conta è rappresentare la grandezza della realtà, dell'universo.
Questa fase è caratterizzata da una lunga serie di crisi emotive, finché non deciderà lui stesso di farsi ricoverare. Inizia una fase molto particolare, dove lui è in cura, ma nel frattempo dipinge, in una sorta di auto-limitazione. La produzione si dirada, ma assume caratteri pittorici ancora più tesi, esacerbati.
Uno dei quadri più importanti di questa fase è "La notte stellata". È una delle opere più grandi, e viene dipinta nell'ospedale dove era ricoverato.
In primo piano i cipressi, sullo sfondo il paese, la collina. È l'immagine dell'universo, tutta la natura viene fagocitata dal cielo stellato, che è tutto puntellato di costellazioni. Tutta la tensione pittorica si caratterizza per questo stile che disegna l'immagine con una serie di vortici, che si addensano in nuclei di colore giallo in corrispondenza delle stelle. Questo è un infinito leopardiano, un infinito fatto di sensazioni quasi fisiche, corporee, che si agganciano alla natura, che è data dal cielo e dalle stelle. È proprio il fatto di non poter vedere che fa immaginare scenari infiniti, come la siepe di Leopardi. È un infinito dei sensi, che immagina, che pervade l'anima ma anche il corpo, il fisico.
C'è però una differenza fondamentale, Leopardi, anima inquieta confinato nella sua Recanati, nell'infinito trova consolazione, trova serenità. Invece Van Gogh trova di fronte alla grandezza della natura inquietudine, che aumenta che diventa ancora più insostenibile ed esacerbata. L'arte di van Gogh esprime la sua concezione espressionistica e anticipatrice dell'espressionismo del '900. proprio in questa sua emotività che non trova pace, che non è consolatoria. Al contrario, la concezione romantica, pur ponendo l'accento sulla sfera dei sentimenti, dell'emotività, trova sempre un momento di composizione di tutto ciò. Nel '900 invece l'esistenzialismo, che pure mette l'accento sulla sfera dell'emotività, non trova nessun tipo di composizione consolatoria, ma invece lascia aperte tutte le contraddizioni dell'animo umano in senso del tutto tragico, perché non si compongono. Questo senso di lacerazione dell'individuo è determinato non solo dal fatto che il '900 è il secolo dei grandi cambiamenti, ma è dovuto anche alla tragicità degli eventi che caratterizzano il secolo scorso, la drammaticità delle due guerre mondiali che si susseguono l'una dopo l'altra, si pone al centro la questione dell'identità dell'uomo che diventa anche un fatto di razza.
Van Gogh anticipa quindi l'esistenzialismo, è da questo punto di vista uomo ed artista del '900.
"il campo di corvi" è un paesaggio cupo, la campagna e il cielo, due entità di colore quasi magmatico, sembra lava, lava gialla e lava azzurra, colori alterati, irrealistici, che non hanno più nulla di naturale, tre viottoli tortuosi che attraversano il campo di grano e che si perdono verso un orizzonte nettamente delineato, dove c'è una cesura nella tra la terra e il cielo, tra ciò che è la vita e ciò che è oltre la vita, denso di un oscuro presagio, rappresentato dai corvi.
Pochi giorni dopo, Van Gogh si suicidò, sparandosi al petto. Il fratello gli starà dietro durante i giorni di agonia che lo separavano dalla morte. Muore così un grande artista, consapevole della tragicità e dell'emotività della vita.