Hannah Arendt
Hannah Arendt scrive “le origini del totalitarismo”, che si propone di analizzare le cause e il funzionamento dei regimi totalitari considerati come una conseguenza tragica della società di massa, in cui gli uomini sono privati del loro essere uomini fatti di relazione, azione e libertà di parola.
Tale opera è importante sotto due aspetti:
- Da un punto di vista storico-politico, perché analizza la storia contemporanea e moderna.
- Da un punto di vista filosofico-politico, perché elabora uno schema generale dei totalitarismi.
La sua opera si divide in tre parti:
- Studio dell’antisemitismo, una delle premesse al totalitarismo.
- Tema dell’imperialismo, che è il nuovo modo della borghesia di essere protagonista e che si è visto nella prima guerra mondiale e la fine dell’800.
- Caratteri del totalitarismo nella società di massa, che instaura il suo potere con l’ideologia e il terrore.
Ideologia con il mezzo del partito unico e il terrore con la polizia segreta. Infatti col partito unico non si più scegliere altra ideologia e con la polizia segreta si è controllati sempre anche nella vita privata. Così gli individui si ritrovano senza una dimensione pubblica di rapporti sociali e senza una possibilità di fare vita politica.
Il tratto peculiare è che per la Arendt l’isolamento e l’essere tutti conformati perché massificati, comporta una minaccia per la libertà politica.
Dice che c’è stata una crisi politica nella modernità, che ha distrutto la dimensione naturale dell’uomo di essere soggetto politico, cioè che il fatto che l’uomo naturalmente è incline a fare politica, è stato distrutto. L’opera in cui sottolinea questo fatto è la Vita Activa.
Lei dice che nella grecità l’istituzione della polis era l’istituzione che permetteva all’uomo di realizzare il suo essere soggetto politico e il suo essere vita attiva. Dalla fine della polis infatti non c’è stato più l’agire per l’uomo, ma il fare. L’agire è parlare e azione e nella polis c’era la civiltà dell’azione e del discorso, quindi dell’agire, mentre nella modernità si è arrivati alla civiltà del fare che può addirittura diventare civiltà del lavorare.
La vita activa, e cioè l’agire umano si divide in tre forme (dal più basso al più nobile):
- La vita lavorativa
- Operare
- L’agire (essere cioè animale politico)
Il lavoro rende l’uomo colui che provvede alla sua vita e al suo sostentamento e a quello della famiglia e quindi lavora per continuare a vivere
L’operare rende l’uomo un soggetto che costruisce delle cose per trasformare e controllare il mondo.
L’agire rende l’uomo soggetto politico libero di fare di parlare e quindi di fare politica, perché grazie alla politica gli uomini comunicano tra loro, e questo li rende cittadini perché protagonisti della vita politica.
I greci avevano capito che l’agire era superiore all’operare e al lavorare, infatti la sfera dell’agire era una sfera pubblica dove veniva esercitata con democrazia e libertà, mentre la sfera del lavorare e dell’operare erano dimensioni più private, perché comportavano una necessità e quindi un obbligo, e facevano parte della sfera domestica.
La vita libera era superiore alla vita della necessità. La sfera dell’operare e del produrre sono diventate prevalenti dalla modernità a partire anche da Cartesio che aveva reso il soggetto un soggetto auto evidente a se stesso, e che quindi si impegnava a capire solo le cose prodotte da lui e non le altre cose del mondo naturale, che tra l’altro non esistevano se non discendevano da lui.