" Sono il professor Federico Milandri ".
" Venga si accomodi. Ero amico del povero Wallestein, gran brava persona, ma non ho capito cosa vuole sapere ".
Mi portava in una stanza arredata come un ufficio e io gli spiegavo che Wallestein nei suoi appunti aveva parlato di un esperimento che lo aveva messo in grado di vedere il futuro, con il computer.
" Ah, il gioco con il computer. Ho capito, adesso ricordo. Era rimasto molto affascinato, se vuole lo possiamo fare di nuovo ".
Accettavo e lui mi guidava attraverso la stanza e mi faceva accomodare di fronte ad un computer dicendomi:
" Allora, si rilassi e risponda a qualche domanda. Lei dove è nato e quando "?
" Sono nato a Napoli, il 15 di Giugno del 1949 ".
Ma che stavo facendo in una casa di Lisbona di fronte ad un computer, insieme ad uno sconosciuto, sulle tracce di uno che forse era pazzo, con il suo amico gesuita e… Basta, Nunez aveva detto che mi dovevo rilassare e lo avrei fatto.
" Adesso si accomodi bene sulla poltrona, chiuda gli occhi e ritorni indietro nel tempo. Siamo in una scuola e questa che sta immaginando è una classe elementare, la sua.
Si veda seduto in quei banchi, è un giorno di tanti anni fa, un giorno come tanti, si volti intorno, cerchi con lo sguardo il suo compagno di banco. lo vede "?
Vedevo, Massimo, Massimo Pasini. Bruno e grassottello, con lui ci scambiavamo caramelle alla frutta e figurine.
Era lui che per la prima volta mi aveva mostrato una moneta antica.
Aveva pronunciato quell’aggettivo, antico, in uno modo misterioso e, da allora, antico sarebbe sempre stato per me un simbolo di fascino anche oltre il dovuto. Abitava nella mia stessa strada, qualche centinaio di metri di distanza eppure ci vedevamo solo a scuola. Per bambini di
otto anni quei pochi metri erano una distanza difficilmente percorribile da soli. Più ci pensavo, più l’immagine di Massimo mi appariva nitida.
" Lo vedo ", dissi.
" Da quanto tempo non ha notizie di lui ".
" Da allora. Non ho più avuto sue notizie ".
" Bene. Mi dica come si chiama ".
Glielo dissi e lui armeggiava intorno alla tastiera.
" Tenga chiusi gli occhi. Siamo negli anni cinquanta, lei è ancora seduto in quel banco e voltandosi verso Massimo si chiede che cosa succederà quando sarete grandi. E’ il 1959 e, lei si chiede che cosa sarà del suo piccolo amico, sta chiedendo di conoscere il futuro.
Ecco, tenga gli occhi chiusi e guardi fisso il suo amico.
Questo è il futuro:
Massimo, diventerà medico, avrà due figlie Elena e Manuela, ogni anno andrà a fare le vacanze in un paese che si chiama Meta. In una casa che gli lascerà Ernesto, suo padre, che morirà tra trentuno anni. Tra venti anni si sposerà con Genziana, una ragazza di Padova, più giovane di lui di due anni.
L’amore tra Massimo e Genziana, non durerà molto, appena otto anni. Dopo la nascita di Manuela, la seconda figlia, i due si separeranno e Massimo cambierà casa, andrà ad abitare nella casa di Meta con sua figlia che si ammalerà e avrà bisogno di molte cure.
Compreranno una barca a vela e si divertiranno moltissimo.
L’altra sua figlia preferirà stare con sua madre, che farà l’insegnante di scuola superiore.
Un medico, dunque. Massimo, il suo compagno di banco sarà un medico, parteciperà a molti congressi in giro per il mondo e sarà molto generoso, farà molta beneficenza e aiuterà parecchio il prossimo.
Massimo morirà nel settembre del 1992 e lascerà la sua casa in parti uguali alle due figlie.
Stop non può sapere altro.
Se continua a rimanere con gli occhi chiusi, se continua a rimanere in quella classe elementare del 1959, se continua a fissare Massimo, il suo compagno di banco, lei ha visto nel futuro, lei è profeta. E’ finito ".
Rimanevo muto. Ma cosa avevo fatto ? Erano tutte vere quelle notizie?
Si poteva ripetere questa cosa per tutte le persone che avevo conosciuto, che avevano segnato in qualche modo la mia vita e che poi erano sparite nel nulla ?
Che sistema era questo di giocare con il tempo, con i ricordi, con i sentimenti delle persone. Massimo morto, mi dispiace, ora che lo so mi dispiace che sia andato via. Se non avessi saputo della sua morte sarebbe rimasto vivo per sempre. L’ignoranza crea l’immortalità. Ecco un’ altra grande frase degna di quel pazzo fanatico di Wallestein. Pazzo e geniale.
E Patrizia, quella che incontrai su un autobus di Bologna, che fine aveva fatto, e Daniela? Quante persone. Non sono sicuro di voler sapere ancora. Nunez intuiva il mio disagio e:
" Non c’è niente di particolare in quello che abbiamo fatto.
Mi sono collegato via modem con l’anagrafe del Ministero delle Finanze del suo paese e ho preso tutte le notizie di questa persona.
E’ il punto di vista che è originale. Ci siamo spostati quaranta anni indietro, è questo spostamento del punto di vista che ha creato questa situazione ".
Certo, certo. Era tutto estremamente chiaro. Ma quella immensa malinconia non accennava a diminuire. Io in quel momento ero ancora in quella classe del 1959. Di Massimo conservavo solo quella immagine di bambino quindi avevo frugato nel futuro e non sapevo se fosse lecito farlo.
Come al solito non ero in grado di dare una valutazione serena di quanto avevo provato.
Per me era stata un’altra cosa nuova.
La terra di frontiera, come la chiamavo io. E camminarci dentro, scendere nei particolari come oggi mi aveva procurato un sentimento struggente. Ecco, non so se lo fosse, ma sembrava un Esercizio del Sentimento e aveva funzionato. Se pensiamo ad un ricordo trasformiamo il passato in presente.
Altra grande massima.
Qualcosa era cambiato in me. Ora sapevo il sistema per andare a frugare, frugare era il termine esatto, tra le pieghe del futuro di tutte le persone che volevo. Frugare, cercare furtivamente, come la polizia che ti guarda nei cassetti. Era giusto farlo?
E cosa mi stava succedendo, mi ponevo dei limiti?
Il professore Federico Milandri così spregiudicato nello scandagliare e manipolare epoche storiche, cominciava ad avere dei problemi quando qualcosa lo toccava troppo da vicino ?
O forse ero incappato in un nuovo senso etico.
Quando avevo fatto l’esercizio delle banconote mi ero sentito come l’ultimo della terra ed avevo sofferto per non avere fatto di più in quella situazione per il mendicante e avevo sofferto anche per tutte le tutte le volte che neppure mi ero accorto che avrei potuto fare qualcosa per alleviare una sofferenza.
Ora mi sembrava di aver fatto troppo, di aver varcato dei confini.
Che non mi dovevo permettere di giocare con queste cose.
In mezzo a questi due estremi esisteva forse una misura? Una morale? Anche senza la presenza di Dio come diceva Padre Carmelo?
Ma non lo so, non lo so, pensavo mentre non riuscivo ad allontanarmi dalla mia classe, II A, Istituto Froebeliano e dalla immagine di Massimo che mi dice: " Quanti anni avremo nel duemila, Federico "?
Cinquantuno, Massimo, ma tu non ci arriverai. Morirai otto anni prima di quel capodanno. E io, cinque anni dopo la tua partenza, in una villetta della periferia di Lisbona avrò notizia della tua morte.
Ecco, siamo nel 1959 e te l’ho detto, così anche tu hai potuto vedere nel futuro. E se continuo a tenere gli occhi chiusi, fermo la tua immagine mentre mi fai quella domanda e posso lasciarti in vita per sempre.
La verità è che gli occhi bisognerebbe aprirli prima dell’irreparabile, invece di chiuderli quando è troppo tardi, pensavo. Bisognerebbe fermare il nostro presente vivendolo, non ricordandolo quando si trasforma in passato.
Quando si incontra una persona bisognerebbe rendersi conto che si è procurato comunque un cambiamento, in lui e in noi.
Ci vuole più attenzione o, meglio, più rispetto. Queste sono le parole chiavi. Questo scriverò sui miei appunti stasera. Tutto quì.
Ma è difficile essere saggi quando c’è troppa confusione, quando ti bombardano ogni giorno con mille inutilità, con troppi oggetti, troppe immagini, troppe notizie, troppe conoscenze.
E’ da tempo che ci penso, sono quasi pronto a vivere una vita francescana, senza oggetti che mi chiedano attenzione, manutenzione, energia, tempo, danaro. Voglio svuotare la mia vita dalle troppe immagini, che bene che vada sono solo imitazioni della realtà.
Non voglio più avere tante notizie di realtà lontane da me e sulle quali non posso minimamente influire. La mia vita la voglio semplice, ricca e francescana. Così dicevo mentre l’immagine di Massimo lentamente si dissolveva. Mi sembrava uno sfogo, umano e sincero ed invece stavo solo entrando nel prossimo Esercizio del Sentimento.
Che complicazione. Se lo avessi saputo avrei pianto.
Affondavo nella complicazione nello stesso momento nel quale chiedevo semplicità. Ma non lo sapevo e l’ignoranza, crea l’immortalità ma non l’angoscia. Bravo.